domenica 29 dicembre 2013

EBREI IN ROMAGNA DI GREGORIO CARAVITA



Agosto1942. Nella polvere della via Marabina, che tra Ravenna e Classe corre lungo il corso dei Fiumi Uniti verso il mare, un ometto di circa cinquant'anni armato di badile e carriola di ghiaia, sotto il controllo di un geometra del Comune, ripara il fondo dissestato della strada. E' un artigiano; le sue mani, abituate ai lavori più fini e tranquilli, non sono adatte per quel lavoro. Infatti è da tutti conosciuto in città come riparatore di biliardi, nei bar, nei circoli e anche nelle parrocchie. Pare si chiamasse Sanguinetti. Nel dicembre del '43 finirà in carcere a Port'Aurea con altri 34 ebrei, in maggioranza donne, tutti poi spariti ad Auschwitz. A Riolo, invece, vengono assalite e malmenate diverse persone. Sono i componenti della famiglia del dottor Piazza, e una profuga, tale Sabina Haas: saranno tutti deportati ad Auschwitz. A Faenza un anziano di 78 anni nascosto dai Cappuccini viene visto a messa e denunciato. Lui in Polonia non farà in tempo ad arrivarci, perché ucciso prima, a Bologna. In questa rassegna di storie di persecuzione e omicidio, non mancano i bambini. In quegli stessi giorni al carcere di Forlì è registrato l'ingresso di un bimbo di tre anni, arrestato dalla Polizia a Roma: Roberto Zarfatti. Anche lui inghiottito da Auschwitz, insieme alla madre e i fratelli Pacifico di 6 e Marco di 5.

Queste sono le storie raccontate da Gregorio Caravita nel suo libro “Ebrei in Romagna. Dalle leggi razziali allo sterminio (1938-1945)”, oggi ristampato dopo oltre vent'anni dall'editoreLongo di Ravenna. Sono storie di persone svanite nella nebbia del tempo, sparite nell'ingranaggio dell'Olocausto senza lasciare segni e testimonianze, senza voce. Proprio di questi annientati chiedeva di parlare Vasilij Grossman, il pioniere di questo filone di storiografia, quando diceva che “bisogna dare voce a chi non ce l'ha fatta!”. E Caravita è stato tra i primi qui in Romagna a rispondere all'appello dolente del romanziere sovietico, e raccogliere queste storie perdute: “Ben poco è rimasto degli ebrei in Romagna: una decina di famiglie... Pressoché nulla è noto. Sono scomparsi come ombre”.

Il libro di Caravita, che si può considerare un classico, ricostruisce la storia millenaria della presenza ebraica in Romagna e illustra il quadro sociale e culturale in cui avvenne la persecuzione, (riportando anche i numerosi casi di aiuto e sostegno forniti dai singoli cittadini, laici e religiosi).

La passione dell'autore come trapela dalle pagine gli deriva dall'avere aderito a questo tema con l'impegno civile, in un periodo (i primi anni '90) in cui si sapeva ancora relativamente poco di queste vicende. Grazie al suo impegno esiste a Ravenna una lapide che ricorda, insieme ai perseguitati, i soldati liberatori della Brigata Ebraica. Una famiglia contadina di Riolo gli affidò un ricordo conservato per anni: era il mattino della liberazione, dopo i lunghi e dolorosi mesi di assedio, quando una pattuglia di soldati alleati si affacciò alla porta della loro casa. E quei soldati dissero: “Ricordatevi che siamo della Brigata Ebraica”.

(Di Primo Fornaciari, da “La Voce di Romagna” del 22 dicembre 2013)







martedì 10 dicembre 2013

69° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI FAENZA













Sabato 14 dicembre a Faenza, all'interno delle annuali celebrazioni in ricordo della liberazione, si parlerà anche della Brigata Ebraica: QUI IL PROGRAMMA COMPLETO

(Nella foto, truppe neozelandesi, liberatrici della città, compiono azione di sminamento)



giovedì 7 novembre 2013

IL CARABINIERE CHE ARRESTO' MUSSOLINI




Venerdì 8 novembre sarà intitolata una strada di Ravenna a Giovanni Frignani, ravennate, ufficiale dei Carabinieri, ucciso alle Fosse Ardeatine. La storia della resistenza e del conseguente sacrificio dell'ufficiale comincia il 25 luglio del 1943, con l'arresto di Mussolini ordinato dal re, di cui Frignani coordinò le operazioni. Da quel momento entra nella lista nera di fascisti e nazisti. Con l'8 settembre tutti i militari italiani diventano ostaggio dell'occupante tedesco (in 600mila finirono nei campi di concentramento), e l'Arma dei Carabinieri Reali è sciolta. Tra coloro che riuscirono a resistere si formò il fronte clandestino di resistenza dei Carabinieri, con Frignani a dirigerne il servizio informazioni. Nascosto a Roma nella casa di una famiglia amica, vive clandestino per qualche mese, poi, a causa di una delazione, il 23 gennaio del 1944 è arrestato e condotto nelle prigioni di via Tasso, dove viene barbaramente torturato. Intanto, nella capitale in sfibrante attesa dell'avanzata del fronte alleato, le cose precipitano.

In seguito alla feroce rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine che seguì all'attentato di via Rasella, i primi a finire nella lista dei 335 martiri stilata da Kappler furono proprio i carabinieri detenuti in via Tasso e a Regina Coeli. In tutto saranno dodici, tra loro Frignani. Insignito della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

QUI L'INIZIATIVA

(Nella foto i dodici carabinieri trucidati alle Fosse Ardeatine. Il terzo da sinistra, nella fila in alto, è Giovanni Frignani)




martedì 8 ottobre 2013

RICORDO DI UN RESISTENTE



ISRAEL GUTMAN, dalla resistenza nel ghetto di Varsavia alla deportazione, poi, dopo la liberazione, per breve tempo nella Brigata Ebraica in Italia, impegnato nella Bricha (rimpatrio in Israele degli esuli dall'est Europa). Uno dei massimi storici dell'Olocausto. E' morto martedì 1 ottobre, a 90 anni.


lunedì 9 settembre 2013

9 SETTEMBRE 1940: BOMBE FASCISTE SU TEL AVIV



In ricordo del bombardamento del territorio che pochi anni sarebbe diventato Israele. Il 9 settembre del 1940 l'aviazione italiana bombardò Tel Aviv, provocando la morte di 137 persone.
QUI...per saperne di più...


martedì 11 giugno 2013

QUANDO LA BRIGATA COMBATTE’ A FIANCO DEI SOPRAVVISSUTI DELL’OLOCAUSTO

E' morto Yoram Kaniuk, scrittore, controverso intellettuale israeliano, autore dei memorabili "Il comandante dell'Exodus" e "1948". Di quest'ultimo romanzo, dedicato alla guerra d'indipendenza di Israele, a seguire, una breve recensione...


 
“1948” di Yoram Kaniuk (La Giuntina, 2012)
Secondo lo storico Y.H. Yurashalmi (Zakhor, 1982) la cultura ebraica non possederebbe una storiografia come le altre, avendo privilegiato piuttosto il tema del ricordo e della memoria. Ardua questione. Una cosa è certa, dal limite temporale del 1948 Israele torna ad essere protagonista del proprio destino all’interno della storia mondiale dei popoli, come non accadeva da duemila anni. Yoram Kaniuk, nella sua opera in prosa più apprezzata e famosa, racconta proprio questo discrimine, e lo fa da scrittore, non da storico, affrontando con la sua sensibilità di artista il difficile tema della memoria: “Non sono sicuro di quello che ricordo per davvero – così comincia a raccontare il protagonista narratore - perché non mi fido della memoria. La memoria è furba e non possiede un’unica ed esclusiva verità”; affermazione dura, che rinvia più a un approfondimento di tipo filosofico e psicologico che storiografico. La storia che Kaniuk racconta è un lungo e coinvolgente flash back. L’autore ricorda, da vecchio, la sua avventura in guerra a 17 anni. E’ un giovane di buona famiglia, ossia della piccola borghesia intellettuale di Tel Aviv; un “sabra”, cioè un nativo della Terra d’Israele, con tutto l’orgoglio che questo comporta. Assieme ad altri compagni si nutre di poesia e del mito di Masada. Una gioventù bella, dura e spinosa come un fiore di deserto, che in quel breve giro di anni si rende conto della realtà della persecuzione europea da cui provengono padri, realtà che riconosceranno poi sul volto dei sopravvissuti all’Olocausto: “…eravamo pionieri noi, lavoro ebraico, ebrei parlanti ebraico, e saremmo andati nei kibbutz, avremmo fatto fiorire il deserto…avremmo sconfitto i nostri aggressori. Avremmo cacciato gli inglesi. Saremmo diventati eroi…Tutto pur di non diventare curvi di paura e brutti come quegli ebrei lì – così dicevamo. Che stupidi bambini che eravamo!”.

In mezzo stanno i fatti del 1948, quando questi giovani si trovarono a fondare uno Stato; che però, a loro insaputa, per la frattura generazionale che si era prodotta con il loro passato europeo, forse era uno Stato voluto dai vecchi: “uno Stato per le loro famiglie sterminate…uno Stato per i loro morti”. Ma che cos’è uno Stato? Quale Stato costruire? Domande difficili a cui dare risposta a diciassette anni, quando il cuore corre verso gli ideali, come quello di salvare i clandestini che arrivano via mare; l’ideale del giovane protagonista, che invece si trova non in mare, ma a terra, sulle colline tra Tel Aviv e Gerusalemme, a sparare contro gli arabi. Quella di Kaniuk non è una esatta ricostruzione storica. La guerra d’Indipendenza di Israele si combatté in diverse fasi, scandite da cessate il fuoco imposti dalla comunità internazionale, fu molto più complessa – e tutto sommato eroica – del resoconto dell’autore. Si passò dal rischio di capitolazione della giovane entità ebraica, in seguito all’invasione degli eserciti arabi coalizzati, alla progressiva presa di fiducia e rafforzamento della capacità militare di difesa, in una maniera che ha quasi del miracoloso (ma, se si guarda alle responsabilità umane, dovuta in larga parte alla mancanza di coordinamento degli eserciti arabi scesi in campo, e alle loro singole avidità di annettersi un pezzetto di Palestina ex-britannica). Quella di Kaniuk non è una esatta ricostruzione degli eventi del 1948. Il suo non è un romanzo storico. E’ un romanzo poetico, che usa la tecnica dello “stream of consciousness” per descrivere lo smarrimento del protagonista in mezzo agli eventi, in balia della battaglia, tra sangue e morti, paura e stanchezza. Ne esce un grido profetico contro la guerra, senza età e senza luogo, valido per sempre, e perciò meritevole di essere letto per generazioni. Un percorso onirico di grande impatto emotivo, anche se lo sguardo dell’autore oggi, 64 anni dopo, è lucido e disincantato su quei fatti: “Non voglio ora entrare nei singoli episodi, – dice Kaniuk riguardo all’approccio eccessivamente critico verso Israele dei “nuovi storici” israeliani - i fatti sono semplici, gli arabi non ci volevano, ci attaccarono, e noi abbiamo combattuto” (Intervista a Susanna Nirenstein su La Repubblica del 27/05/2012). Il 1948 fu un punto di incontro tra passato e futuro di Israele. L’aver retto all’urto dell’attacco nemico compattò le fila dei partiti ebraici, determinò la fine dell’opposizione più dura e terroristica contro gli inglesi, e la nascita della moderna Forza di Difesa che garantirà l’esistenza di Israele fino ad oggi. Il 1948 segnò anche il punto d’incontro tra il passato e il futuro del popolo ebraico. In quella guerra infatti si trovarono a combattere spalla a spalla gli ex combattenti della Brigata Ebraica e i sopravvissuti dell’Olocausto, molti dei quali, scampati alle camere a gas di Hitler, caddero in combattimento accanto ai giovani sabra per la rinascita della patria ebraica.

Di Primo Fornaciari (articolo apparso su “La Voce di Romagna” del 6/2/2013)

 
 
 
 

mercoledì 29 maggio 2013

CELEBRAZIONI 2013



Celebrazione del 68° del passaggio in Italia 
della BRIGATA EBRAICA tra le forze liberatrici

Perché il ricordo rimanga vivo, soprattutto fra le giovani generazioni,
quest'anno l'evento sarà celebrato

Giovedì 30 Maggio 2013 alle ore 9,30

presso il Cimitero di Guerra Alleato di Piangipane  (Ravenna)

Sarà presente una delegazione delle Forze Armate Israeliane e del Ministero
della Difesa Israeliano, nonché le Associazioni di ex-Combattenti Italiane.

Alla solenne cerimonia prenderanno parte l'Ambasciatore di Israele in Italia
S.E. Naor Gilon,  il Vice-Sindaco di Ravenna signor Giannantonio Mingozzi,
il Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane Avv. Renzo Gattegna,
l'Addetto Militare presso l'Ambasciata d'Israele Col. Yehu Ofer, il Rabbino
Capo di Ferrara e delle Romagne  Rav Luciano Caro ed Autorità
istituzionali.

Un cordiale Shalom.



giovedì 28 febbraio 2013

6 marzo, Giornata dei Giusti


 
La Giornata dei Giusti (European day of the Righteous) è stata istituita nel 2012 dal Parlamento europeo per commemorare coloro che si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l'umanità e ai totalitarismi. Estende il concetto di Giusto, in ricordo dell’impegno di Moshe Bejski (magistrato israeliano, storico presidente della Commissione dei Gusti dello Yad Vashem) a tutti i genocidi e i totalitarismi.

In questa ricorrenza europea la Romagna è opportunamente rappresentata da Cotignola, cittadina che,  CON QUESTE DUE IMPORTANTI INIZIATIVE,  si appresta a ricordare i suoi giusti.


 

martedì 22 gennaio 2013

LA BRIGATA EBRAICA E LA SHOAH

(I soldati della Brigata Ebraica a Bergen Belsen)


Nei giorni successivi alla vittoria, i soldati della Brigata Ebraica incontrarono l’orrore della Shoah. Trasferiti nel nord Europa entrarono in diversi lager e poterono constatare con i loro occhi la portata dell’eccidio nazista. I soldati con la stella di David non si lasciarono abbattere, e continuarono a infondere coraggio ai sopravvissuti. Nei campi profughi, sorti accanto ai campi che furono di sterminio, continuarono a prestare la loro opera di soccorso, volta, in molti casi, a favorire l’emigrazione dei sopravvissuti verso Israele.
Di questo si parlerà venerdì 25 alle 18, a Ravenna, in occasione delle celebrazioni della Giornata della Memoria 2013.

domenica 6 gennaio 2013

UNA PIETRA PER ROBERTO











Domenica 13 gennaio 2013, alle ore 10,  posa di una "pietra d'inciampo" (progetto dell'artista Gunter Demnig), davanti al portone della scuola Mordani di Ravenna. In memoria di Roberto Bachi, alunno della classe IV nell'anno scolastico 1937-38.
L'iniziativa, fortemente voluta dall' Associazione per l'Amicizia Ebraico-Cristiana di Ravenna, e dalla sua presidente Maria Angela Baroncelli, è la prima di una serie per la Giornata della Memoria 2013 che si terranno in città.